Descrizione estesa
La villa fu per secoli il volano dell'economia della frazione Prova che si sviluppò ed espanse proprio attorno al latifondo e al fabbricato dei marchesi Carlotti.
L'edificio padronale fu probabilmente costruito nel XVI secolo da alcuni componenti della famiglia Cavalli, la stessa famiglia che dette luogo alla costruzione del primo nucleo del palazzo principale del complesso di Villabella. I Cavalli erano dei nobili di nomina "recente" (Federico Cavalli fu fatto cavaliere nel 1328), la loro ascesa era avvenuta sulla scia degli Scaligeri di cui furono uomini di fiducia. Il loro stesso nome: "de Caballis", preceduto lungamente dalla forma: "ab Equis", suggerisce un ufficio modesto e delle origini sociali altrettanto semplici. Tuttavia nel corso del XIV secolo questa famiglia percorse un invidiabile avanzamento sociale arricchendosi notevolmente. Ciò li portò a possedere i mezzi adeguati per acquisire un gran numero di terre, specie tra quelle poste all'incanto dalla Serenissima tra il 1407 ed il 1417 e facenti parte del patrimonio privato degli Scaligeri, la cosiddetta "Fattoria Scaligera". Nel territorio dell'Est veronese ricordiamo i loro possedimenti a Colognola, a Soave, a Villabella, al Perarolo e infine a Prova. Infatti in un documento del 1605 relativo ai beni dotali di Isabella Cavalli, vedova di Bartolomeo Cavalli e sposa in seconde nozze con Splendidiano Cavalli, si dice che la dote consisteva in una casa dominicale (padronale) "in ora de la Prova" valutata ben 1120 ducati e attorniata da 70 campi. In un atto datato 17 giugno 1680 si riporta che Giulio e Bonaventura Carlotti acquistarono ad G. Francesco e Nicolò, nipoti di Sperandiano Cavalli, una proprietà che a Prova era descritta come: "una possessione aradora e prativa con casa da padron et lavorente, con vigne, morari et altri arbori"
I Carlotti a loro volta erano i rappresentanti di un'altra famiglia patrizia veronese di recente ascesa sociale. Nel cinquecento erano spesso chiamati Miolli per la loro originaria professione di commercianti di bicchieri o "da Garda" per la loro primitiva provenienza. Infine essi assunsero il nome di Carlotti prendendo a partecipare con frequenza alle magistrature cittadine. Nel 1635 ricevettero il titolo di marchesi del castello di Riparbella dal granduca di Toscana.
La famiglia Carlotti con l'acquisto della proprietà Cavalli, amplia il proprio patrimonio terriero a San Bonifacio ove possedeva terreni già almeno dall'inizi del ?600, e in cui continua ad acquisirne, completando il disegno di creare un'azienda dotata di buona estensione e di un centro direzionale funzionale rappresentato appunto dalla casa padronale.
L'edificio padronale del ?500 fu ampliato e completato nei primi anni del ?700; infatti furono aggiunte ai lati due barchesse, e un'altra infine fu eretta a chiusura della corte sul lato Est, munita di piccola colombara nell'angolo Sud-Est. Il complesso è costituito da due corti: una padronale e una rustica divise dalla strada di collegamento tra gli appezzamenti agricoli posti a Nord e quelli situati a Sud della fabbrica che veniva così a trovarsi al centro della tenuta. La proprietà nel 1724 fu divisa tra due eredi della famiglia Carlotti proprio prendendo la strada di collegamento come confine tra i due nuovi possedimenti.
Il palazzo presenta la facciata rivolta a Sud con tre ordini di finestre su tre piani. A terra le finestre sono di foggia cinquecentesca con tipica inferriata a museruola e appartengono all'edificio originario come pure il portale d'ingresso contornato da un caratteristico bugnato. I principali lavori di trasformazione furono attuati in massima parte tra il 1670 e il 1711 ad opera di Giulio Carlotti. Furono aggiunte due stanze per lato al nucleo cinquecentesco, allungando così il prospetto che acquisì un aspetto neoclassico. Il granaio fu innalzato e dotato di nuove finestre a rettangolo lobato di gusto barocco. Nella parte centrale fu edificato un loggiato a due ordini di portici le cui aperture a terra sono suddivise da pilastri a bugne lisce e architrave che riprendono il motivo del portale; mentre al piano nobile due colonne centrali e due pilastrini a sezione quadrata laterali sorreggono tre archi. Sormonta la loggia una sinuosa modanatura sormontata dalla statua di Giove, attribuita a F. Filippini; al centro della cimasa, in un cartiglio marmoreo, è incisa la data del 1704 in cui si conclusero i lavori di questo elemento del fabbricato.
L'interno della villa ha la tipica disposizione della casa veneta con il salone centrale dal quale si aprono la stanze laterali. Sulle pareti stucchi settecenteschi dovevano incorniciare affreschi ora non più presenti.
Di notevole interesse è la cappella dedicata a San Biagio che si trova al di là della strada che funse da confine nella divisione del 1724. Costruita nel 1695, possiede una pianta ottagonale e forme barocche. Il portale d'ingresso forse quattrocentesco è di notevole fattura fu probabilmente recuperato da una chiesa preesistente dedicata anch'essa a San Biagio come sembra anche attestare una lapide presente sopra l'altare. In facciata lesene doriche reggono un'architrave sopra il quale vi è un bel motivo a volute. All'interno il soffitto a capriate lignee è attualmente mascherato da una controsoffittatura, l'altare barocco presenta una grande pala ovale raffigurante San Biagio, S. Carlo e S. Francesco datata 1731 e realizzata da M. A Prunati, come pure i coevi affreschi che decorano la volta sopra il presbiterio. La corte rustica è rimasta ad uso rurale, non presenta elementi di rilievo se non la grande aia in mattoni. (G.C.)